Gabriele Del Grande, il giornalista toscano trattenuto in Turchia per
14 giorni, arrestato senza che gli venisse contestato alcun reato, è
stato liberato il 24 aprile scorso. Si tratta ovviamente di una
bellissima notizia che ci fa tirare un sospiro di sollievo,
considerato che le sorti di certi nostri italiani all'estero non sono
sempre state benevole. Ma, come ci ricorda lo stesso Gabriele, è una
notizia che non può farci dimenticare che nelle prigioni turche sono
ancora detenuti illegalmente tanti altri giornalisti (174 per la
precisione).
Questo ci fa riflettere molto sulla scarsa libertà di espressione e
sul mancato rispetto dei fondamentali diritti civili in Turchia, un
Paese la cui maggioranza di cittadini, nel frattempo, in un contesto
di dubbia regolarità delle procedure di voto, ha espresso il proprio
assenso a una riforma costituzionale. Riforma ovviamente voluta dal
Presidente Erdogan, che accentra il potere nelle sue mani e gli
attribuisce la possibilità di essere eletto per altri due mandati,
riducendo notevolmente le prerogative del Parlamento. Di fatto, si
legittima una dittatura ormai esistente da tempo. D'altronde, come
non dimenticare il tentativo di colpo di Stato di questa estate che
Erdogan ha sventato e punito a colpi di epurazioni?
La democrazia è un grande valore che spesso viene dato per scontato,
in Italia specialmente. Mi viene in mente il referendum
costituzionale di dicembre scorso, il presunto obiettivo di
realizzare un assetto di governo più stabile, una riforma che
prometteva grandi cambiamenti, ma che alla fine si traduceva in un
tentativo di depotenziare notevolmente il diritto di voto dei
cittadini e gli equilibri democratici. Fortunatamente, di questo
rischio, che sarebbe stato ancor più evidente con certi possibili
futuri governi, la maggioranza degli elettori si è resa conto in
tempo.
La democrazia, purtroppo, non si può mai considerare completamente al
riparo da attacchi esterni. Il tentato "assalto" di Marine
Le Pen all'Eliseo, i rigurgiti fascisti (e leghisti) in Italia, il
risvegliarsi dei sopiti nazionalismi nel resto di Europa, sono tutti
elementi che, seppure messi in campo con le regole democratiche,
lanciano avvisaglie di pericolo per il futuro.
Il populismo, da sempre, mira a sollevare l'indignazione popolare
contro i cosiddetti poteri forti; un'indignazione che ha origine
certamente nei bisogni effettivi dei cittadini, ma che induce questi
ultimi a divenire, senza rendersene davvero conto, uno strumento
nelle mani di personaggi con mire autoritarie. E gli errori
continuano a ripetersi.
All'indomani delle celebrazioni per l'anniversario della Liberazione,
c'è chi ha ancora il coraggio di chiedersi perché mai dovremmo
festeggiare e ricordare questo evento, come se le attuali istituzioni
democratiche fossero nate dal nulla.
Nel frattempo, proliferano pagine social dedicate alla memoria di
Mussolini da parte dei nostalgici del Ventennio, che probabilmente
non sanno nemmeno che cosa sia una guerra. A questi soggetti, (cui
parlare di milioni di morti non fa evidentemente alcun effetto),
consiglierei un giro di ricognizione nei peggiori regimi
dittatoriali: magari diventerebbero meno nostalgici.
Per concludere, come diceva Sandro Pertini, "è meglio la
peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature".
e io in questa occasione vorrei ricordare tutti coloro che sono morti in nome della DEMOCRAZIA.... un grande ideale di cui non si può fare a meno....
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