Le recenti parole pronunciate da Debora Serracchiani sono ormai
abbastanza note. Praticamente, a suo avviso, uno stupro è sempre un
atto odioso, ma se commesso da un rifugiato, è moralmente e
socialmente più inaccettabile.
Io credo che queste parole, più che razziste, debbano considerarsi
inopportune. Si tratterebbe, infatti, di un ragionamento basato su
una certa filosofia secondo cui il sentire comune avvertirebbe come
particolarmente fastidiosa l'ingratitudine di un ospite. E, a mio
avviso, questo ragionamento è connotato da una certa ipocrisia.
Se, per un atto spontaneo di generosità o in forza di eventi
contingenti, dovessi decidere di ospitare un forestiero nella mia
casa, sarei ben consapevole di non potermi davvero fidare a occhi
chiusi di lui, non avendolo mai visto prima, a meno che io non sia
completamente ingenuo o fuori dal mondo. In tal caso, cercherei di
stare attento, adotterei le mie precauzioni e, qualora il mio ospite
dovesse rivelarsi davvero un delinquente e dovesse, comunque,
commettere un reato a mio danno, lo denuncerei in modo che paghi per
il male commesso. Di certo, non cadrei dalle nuvole urlandogli
scandalizzato "che ingrato!", considerato che, nel momento
in cui ho deciso di dargli ospitalità, ero consapevole del rischio
che potevo correre. Oltretutto, saprei bene che un criminale non ha
certamente a cuore il valore della gratitudine.
Allo stesso modo, uno Stato che apre i propri confini e fa entrare
persone provenienti da Paesi in guerra, disperati che fuggono dalla
povertà oppure immigrati in cerca di lavoro, dovrebbe sapere bene
che non tutti sono brave persone, che tra di loro vi saranno alcuni
delinquenti come accade in tutte le popolazioni. Il rischio esiste,
per cui quando un rifugiato o un immigrato commette un crimine, è
abbastanza ipocrita e inutile parlare di "rottura di un patto di
accoglienza" o di violazione di valori, considerato che, come ho
detto prima, nessun criminale, italiano o straniero, ha davvero
desiderio di rispettare quei valori. L'ipocrisia è ancora più
evidente se si pensa che chi fugge spesso lo fa perché nel suo Paese
c'è una guerra che le stesse forze occidentali hanno contribuito a
fomentare. E di certo l'Italia non è esente da colpe.
Certamente, lo stupro è sempre un crimine odioso e, dovendo operare
una differenziazione, io direi che è moralmente e socialmente più
inaccettabile (e in alcuni casi penalmente più grave) una violenza
perpetrata da chi ha la piena fiducia della vittima (un parente, un
amico, un insegnante, un prete), a prescindere dalla sua
nazionalità.
In ogni caso, si deve pretendere da tutti, in maniera indistinta, il
rispetto delle regole giuridiche e morali, per cui non è accettabile
l'affermazione secondo cui "ho accolto il rifugiato, mi
aspetto quindi da lui il massimo rispetto delle regole",
perché potrebbe lasciare intendere che non si pretende lo stesso
rispetto delle regole dagli altri, dando adito alla becera mentalità
secondo cui, se stupra l'immigrato deve essere linciato, se stupra
l'italiano figlio di buona famiglia, è solo una ragazzata.
Le frasi della Serracchiani sono inopportune anche perché, se un
politico lancia un proclama "lo stupro è più grave se lo
commette un rifugiato", finisce per assecondare i pregiudizi di
tutti coloro che cercano di utilizzare gli immigrati come capro
espiatorio per ogni problema al fine di ottenere consenso, che
pensano che siano gli unici a delinquere o che vengano in Italia per
rubarci il lavoro.
Infatti, se l'immigrato che sta nel mio quartiere cerca di integrarsi
pulendo le strade, mentre la giunta comunale latita, allora tutti si
precipitano a dire che c'è un racket dietro; se un immigrato ha un
lavoro e un reddito, allora secondo qualche quotidiano, certamente
troverà il trucchetto per pagare un centinaio di euro di tasse in
meno. Tutto questo, mentre diversi italiani evadono per miliardi ed
esportano capitali all'estero.
Nessuno nega che esista un problema di gestione dei flussi
immigratori, ma i problemi di certo non si risolvono con i proclami
inutili e dannosi che fomentano i pregiudizi e agevolano i
procacciatori di voti.
Qui
sotto l'estratto di un precedente post: chiaramente le riflessioni
sono molto simili
La terra è un solo
paese, siamo onde dello stesso mare (pubblicato in data 12 giugno
2016)
Pochi
giorni fa un mio amico ha pubblicato su Facebook questa foto scattata
nel Parco Sigurtà, antico giardino nei pressi di Peschiera del
Garda, le cui origini risalgono al 1400.
La
foto ritrae una targa con un chiaro messaggio di fratellanza "La
terra è un solo paese, siamo onde dello stesso mare, foglie dello
stesso albero, fiori dello stesso giardino".
Dovrebbe
essere davvero così, la terra dovrebbe essere un unico paese senza
rigidi confini in cui vivere in pace, ma sappiamo bene che la Storia
è costellata di guerre fratricide, lotte per la conquista del
potere, genocidi, discriminazioni razziali. E si può certamente
affermare che gli insegnamenti che la Storia ci ha tramandato non
sempre sono stati ben assimilati, considerato il dilagare di
nostalgici nazionalisti che mirano a minacciare l'integrazione
europea faticosamente raggiunta.
Oggi
la situazione dei migranti che fuggono dalla povertà e, soprattutto,
dalla guerra non può lasciarci indifferenti. È abbastanza chiaro e
pacifico che il problema non sia di facile soluzione e che non possa
essere affrontato solo dall'Italia. Ma costruire muri, fatti
soprattutto di odio, non è degno di un genere che ha ancora la
pretesa di definirsi umano.
Ci
sono tanti pregiudizi nei confronti degli stranieri che arrivano in
Italia, pregiudizi che dovremmo incominciare a mettere da parte.
Anzitutto, non tutti gli immigrati vengono qui per delinquere, come è
solito pensare chi "fa di tutta un'erba un fascio". Ci sono
sicuramente soggetti pericolosi o malintenzionati, ma questi individui
si trovano in tutte le popolazioni, inclusa quella italiana, e spesso
occupano posizioni al di là di ogni sospetto. Certamente, se
iniziassimo a mandar via o a punire seriamente tutti coloro che
compiono atti illeciti (stranieri e non), il Parlamento italiano
rimarrebbe semivuoto.
Si
dice sempre, poi, che gli stranieri vengono qui a rubarci il lavoro.
In realtà, mi viene da pensare che quasi sempre finiscono per fare
quei lavori che gli Italiani si rifiutano ormai di svolgere o per i
quali non sono sempre all'altezza. Ricordo che tempo fa l'impresa che
ha realizzato alcuni lavori a casa nostra mandò un muratore rumeno
che svolse il suo operato in maniera precisa, ineccepibile,
sicuramente meglio di ciò che avrebbero potuto fare i colleghi
nostrani. In ogni caso, gli immigrati finiscono spesso per diventare
preda degli sfruttatori e vengono utilizzati per lavori di fatica con
paghe miserevoli, per non parlar di altro. Basta guardare la
situazione di Rosarno.
Infine,
una frase che si sente spesso pronunciare negli ultimi tempi è
"aiutiamoli a casa loro". In proposito, Giuseppe Civati ha
pubblicato di recente sulla sua pagina Facebook questo grafico
(tratto dalla Stampa), in cui risulta abbastanza chiaro che, pur in
presenza di una legge del 1990 sul controllo delle armi, che ne vieta
l’esportazione in Paesi in cui è in corso un conflitto armato,
ancora oggi l’Italia vende pistole e fucili in numerosi Paesi.
Questa tendenza è aumentata dal 2009, per cui l’Italia ha venduto
armi soprattutto in Medio Oriente e nel Nordafrica, regioni tra le
più turbolente, mentre le autorizzazioni del Parlamento sono
aumentate. Come giustamente sottolineato da Civati, "per la
serie: «aiutiamoli a casa loro». Con le bombe. Intanto manca
completamente la trasparenza, la serietà, la politica. Poi dopo ci
si sorprende delle migrazioni forzate, delle tragedie umanitarie, dei
campi profughi, della tensione che non si abbassa mai".
Se
è vero che dal 2009 questa tendenza è aumentata con il beneplacito
del Parlamento, occorrerebbe ricordare a Salvini, che continua a
diffondere messaggi razzisti e xenofobi, che il suo partito faceva
parte della maggioranza di Governo in quegli anni. Le morti dei
profughi in mare dovrebbero cominciare a pesare sulle coscienze di
chi ha favorito questo commercio.