sabato 28 aprile 2018

Focus di attualità – Il DEF e le incerte prospettive di Governo

Sono trascorsi circa due mesi dalle elezioni politiche e fin da subito è stato chiaro che non sarebbe stato affatto facile formare la maggioranza necessaria per realizzare un Governo.
Il Movimento Cinque Stelle appare come l'ago della bilancia: lo si può considerare come un raggruppamento di incompetenti, inaffidabili, complottisti, retti da un'associazione privata con cui i suoi membri, a quanto pare, hanno stipulato una specie di contratto, in barba all'articolo 67 della Costituzione che vieta il vincolo di mandato; si può dire ciò che si vuole, ma rimane il fatto che grazie al 33 per cento di voti risulta essere il movimento, che al di fuori di ogni coalizione, detiene il maggior numero di preferenze, per cui è con i Pentastellati che bisogna fare i conti.
Dunque, da settimane proseguono le consultazioni, prima con il Presidente della Repubblica, poi con il Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che dall'alto della sua amicizia con Berlusconi, ha cercato in modo imparziale (è un ossimoro, ne sono consapevole) di favorire il confronto tra Centrodestra e Movimento Cinque Stelle. Confronto, allo stato attuale, fallito per evidenti incompatibilità tra Di Maio e Berlusconi (eppure la Casellati è stata eletta anche con i voti dei grillini, ma sono dettagli a quanto pare), sebbene Salvini non demorda e continui a reclamare il rispetto della volontà degli elettori (mentre Silvio pochi giorni prima aveva affermato che gli Italiani hanno votato molto male).
Le consultazioni sono, poi, proseguite, con il Presidente della Camera, Roberto Fico, che con le sue passeggiate oceaniche in nome della sobrietà, ha cercato di favorire il colloquio tra Pentastellati e PD. Tali forze politiche realizzeranno davvero un Governo, pur con i loro burrascosi trascorsi, tra insulti e ingiurie? Lo scopriremo tra pochi giorni.
Da un lato l'idea che Salvini stia in panchina mi solletica: non mi entusiasma affatto la prospettiva di un Governo composto da forze politiche intrise di razzismo, omofobia e oscurantismo. Eppure sono consapevole che un'alleanza del Centrosinistra con i Pentastellati, pur con i necessari paletti, potrebbe rilevarsi decisamente controproducente sotto il profilo elettorale.


Nel frattempo il Governo uscente retto da Gentiloni, con compiti di ordinaria amministrazione, ha approvato il DEF. Ricordo brevemente di cosa si tratta. Il DEF, ovvero il Documento di Economia e Finanza, è disciplinato dalla legge di contabilità pubblica (legge n. 196 del 2009), è redatto dal Governo per la successiva approvazione del Parlamento ed è diviso in tre sezioni:
  • A) Il programma di stabilità che deve contenere, tra l’altro: gli obiettivi di politica economica e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo; l'aggiornamento delle previsioni per l'anno in corso, con gli eventuali scostamenti rispetto al precedente programma; l'indicazione dell'evoluzione economico-finanziaria internazionale, per l'anno in corso e per il periodo di riferimento e ulteriori elementi relativi agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.
  • B) L'analisi e le tendenze di finanza pubblica, ovvero l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente, accompagnata dalle previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo e da un'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico delle amministrazioni pubbliche riferite almeno al triennio successivo.
  • C) Il Programma nazionale di riforma con lo stato di avanzamento delle riforme avviate, gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività; le priorità del Paese e le principali riforme da attuare.
Il Governo, proprio perché titolare soltanto di poteri di ordinaria amministrazione, si è dovuto necessariamente limitare a emanare un DEF a politiche invariate, privo della parte programmatica delle riforme. In merito a questo aspetto, occorre ricordare che le forze politiche che, il 4 marzo scorso, avevano ottenuto i migliori risultati elettorali, avevano inizialmente rivendicato il compito di compilare il DEF inserendo obiettivi e riforme in coerenza con il proprio programma elettorale. Successivamente non hanno mostrato alcun interesse per tale adempimento, forse nella consapevolezza che difficilmente avrebbe potuto formarsi un Governo in grado di realizzare realmente quanto da loro promesso nel corso della campagna elettorale. A quanto pare, certe sicurezze circa la possibilità di governare sembrano emergere solo nei proclami.
Per ciò che riguarda i risultati, si può notare come il DEF evidenzi, in base alle prime stime ISTAT, una crescita del PIL nel 2017 dell’1,5 per cento in termini reali, in accelerazione rispetto agli incrementi di circa l’uno per cento dei due anni precedenti. Vi è una tendenza positiva anche per la finanza pubblica, con l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche che è sceso al 2,3 per cento del PIL nel 2017, dal 2,5 per cento del 2016, e all’1,9 per cento escludendo gli interventi straordinari per il risanamento del sistema bancario. Il rapporto fra stock di debito e PIL nel 2017 è diminuito al 131,8 per cento, dal 132,0 per cento del 2016.
Sono positive anche le prospettive economiche e di finanza pubblica per l’anno in corso e per i prossimi tre anni. La previsione di crescita del PIL reale nel 2018 è confermata all’1,5 per cento, grazie anche a un quadro internazionale più favorevole e a un livello dei rendimenti (correnti e attesi) sui titoli di Stato lievemente più basso. La crescita del PIL reale nel 2019 viene invece leggermente ridotta all’1,4 per cento, mentre quella per il 2020 rimane invariata all’1,3 per cento.
Le previsioni tengono conto del fatto che la legislazione vigente prevede un marcato miglioramento del saldo di bilancio, sia in termini nominali, sia strutturali, miglioramento assicurato da un aumento delle aliquote IVA a gennaio 2019 e a gennaio 2020, quest’ultimo accompagnato da un rialzo delle accise sui carburanti. Nel DEF si afferma che “laddove gli aumenti delle imposte indirette previsti per i prossimi anni fossero sostituiti da misure alternative di finanza pubblica a parità di indebitamento netto, l’andamento previsto del PIL reale potrebbe marginalmente differire da quello dello scenario tendenziale qui presentato, in funzione di una diversa composizione della manovra di finanza pubblica”.


Si ricorda, per inciso, che, come evidenziato da un recente articolo del Sole 24 ore (Gianni Trovati 24 marzo 2018) il nuovo Governo dovrà varare necessariamente una manovra da 30 miliardi circa: “12,4 miliardi servono per lo stop agli aumenti Iva dal 1° gennaio, priorità condivisa da tutte le forze politiche; su altri 12 poggia il rispetto degli obiettivi di riduzione del deficit scritti nei documenti di finanza pubblica, e “vigilati” da un’Europa dove trovare nuovi spazi di flessibilità sarà molto più difficile rispetto al passato recente; e c’è in lista anche il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, con un costo netto per lo Stato da almeno due miliardi”.
Infine, per ciò che riguarda le previsioni tendenziali di finanza pubblica, si conferma la stima di indebitamento netto della PA per il 2018 dell’1,6 per cento del PIL, che scenderebbe allo 0,8 per cento del PIL nel 2019 e a zero nel 2020, trasformandosi quindi in un surplus dello 0,2 per cento del PIL nel 2021.
Dunque, si prevede un percorso virtuoso di riduzione dell'indebitamento netto, ovvero la differenza tra le entrate finali, al netto della riscossione dei crediti, e le spese finali, al netto delle acquisizioni di attività finanziarie. In altri termini, le spese tenderanno a essere pari alle entrate in modo da evitare un incremento dello stock di debito, avviando quindi un processo di riduzione del medesimo con conseguenti minori spese per il pagamento degli interessi.
Ben diversa sarebbe la prospettiva con un DEF che inglobi tutti gli obiettivi auspicati da Pentastellati e leghisti, un DEF che, alla luce della scarsità di coperture finanziarie, difficilmente potrebbe passare il vaglio dell’Unione Europea (con la quale, qualunque cosa si dica, in qualche modo dobbiamo continuare ad avere rapporti) e che innescherebbe un processo di aumento del debito i cui oneri si rifletteranno necessariamente sulle generazioni future. Vedremo, dunque, quali saranno le prospettive di Governo nei prossimi giorni.