Oggi ricorre la decima Giornata della consapevolezza dell'autismo
indetta dall'Onu, dedicata quest'anno alla tema dell'autonomia e
dell'autodeterminazione.
L'anno scorso nel mio "vecchio" blog ho parlato diverse
volte del problema dell'autismo. In occasione della precedente
giornata, richiamando un episodio che mi aveva colpito molto da
vicino, avevo riflettuto su come lo Stato italiano sia spesso assente
per le famiglie con ragazzi autistici, che giunti alla maggiore età
non hanno più alcuna struttura specifica che li possa aiutare o
validi strumenti per l'inserimento nella società. Avevo, poi, letto
un episodio accaduto all'estero, con un giovane cameriere autistico
di Manchester, che aveva trovato lavoro in un ristorante in cui
svolgeva la sua attività con passione, dedizione e professionalità.
Fino a quando alcuni clienti non si sono lamentati, infastiditi
all'idea di farsi servire da lui, arrivando addirittura ad invitarlo
a indossare una maglietta per segnalare la sua disabilità. Per
fortuna, il proprietario è intervenuto in favore del ragazzo,
invitando i clienti che non volessero farsi servire da lui a cambiare
ristorante.
La mancanza di sensibilità, la paura del diverso, la stupidità e
l'ignoranza sono purtroppo elementi fin troppo diffusi. Penso alla
ragazzina che ha dovuto rinunciare a una gita perché discriminata
dai suoi compagni e dai loro genitori. Oppure a un padre che su
Tripadvisor si è lamentato che nel villaggio turistico vi erano
troppo ragazzi disabili che avrebbero procurato sofferenza ai suoi
figli.
Oggi le cose non sono cambiate molto, ovviamente. Sono stati fatti,
certamente, passi avanti nella diagnosi precoce, nella definizione di
livelli essenziali di assistenza e di leggi specifiche che impongono
alle Regioni di intervenire. Tuttavia, ci sono molte testimonianze che
ci fanno capire quanti problemi ancora ci siano, come quella di una
madre che parla della sua vita con un figlio autistico, dell'assenza
di terapie domiciliari e di aiuti finanziari, con l'unica possibilità
di mandare il figlio in una comunità priva di cure specifiche.
L'obiettivo di una vera integrazione sociale appare molto lontano,
con i bambini che spesso non ricevono quelle cure che consentirebbero
loro di migliorare. Nonostante la diagnosi precoce possa essere
effettuata tra i 18 e i 24 mesi, generalmente si procede con la
diagnosi intorno ai cinque anni e solo anni dopo si effettuano i
primi interventi riabilitativi e terapeutici.
Leggo che, in assenza di insegnanti con una preparazione specifica, i
genitori spesso devono risolvere tanti problemi da soli, anche quelli
di cui in realtà non dovrebbero farsi carico. E quando i ragazzi
compiono diciotto anni, l'unica possibilità per uscire
dall'isolamento, per loro assai nocivo, è quella di recarsi nei
centri diurni, in compagnia di disabili con sindromi assai diverse.
Leggo anche gli odierni post di politici che si stanno ricordando di
questi ragazzi e delle loro famiglie e stanno mandando loro un
pensiero affettuoso, pensando a cosa fare nel prossimo futuro. Reali
impegni di uno Stato che dovrebbe intervenire per garantire una vera
integrazione sociale o solo promesse elettorali?
Qui
sotto gli estratti dei miei precedenti post
Alla ricerca di
piccole gocce di umanità (pubblicato in data 10 marzo 2016)
Episodi
atroci di efferata violenza, da ultimo il delitto di Roma, non
possono certamente lasciare indifferenti. Procurano sempre quel
sentimento di orrore e disgusto, non solo per la ferocia e la
spietatezza di certi esseri che di umano mostrano poco, ma anche per
quegli pseudo opinionisti che cavalcano l'onda delle notizie, scavano
nella vita privata delle persone coinvolte e traggono le loro
conclusioni banali e offensive.
In
questi momenti, la mia fiducia verso il genere umano vacilla
pericolosamente, per cui sento di aver bisogno di un po' di conforto,
di acquisire consapevolezza che in giro ci sono ancora piccole gocce
di umanità. Per fortuna la mia attenzione si concentra su una
notizia a prima vista un po' triste.
In
un ristorante di Manchester, un giovane cameriere di nome Andy svolge
il suo lavoro con impegno e professionalità da circa tre settimane
ed è certamente benvoluto dal proprietario Mike. Tuttavia, alcuni
clienti non vogliono essere serviti da lui. Il motivo è presto
detto: il giovane e volenteroso Andy è purtroppo affetto da una
forma di autismo. Nonostante l'impegno del ragazzo, i clienti non
vogliono sentir ragione e addirittura invitano il giovane a segnalare
la sua malattia con una maglietta, oltre a chiedere scandalizzati al
proprietario perché lo faccia lavorare!
Le
parole a volte feriscono molto più delle coltellate e sicuramente le
discriminazioni non aiutano Andy che cerca solo di inserirsi nella
società e superare gli ostacoli che la sua malattia gli pone
continuamente davanti. Tra questi ostacoli vi è sicuramente
l'ignoranza di alcune persone, il loro finto perbenismo: certamente,
dovrebbero essere loro a portare una maglietta che evidenzi il loro
problema, ovvero una grave forma di idiozia.
Fortunatamente,
Andy, tra i tanti ostacoli, è riuscito a trovare un bravo datore di
lavoro. Mike nella sua pagina Facebook con poche e incisive frasi ha
chiesto a tutti i clienti del suo ristorante che credono di non dover
farsi servire da Andy di non prenotare nel suo locale.
Mike
e la sua compagna Karen hanno affermato che tutto quello che
interessa loro è avere qualcuno con entusiasmo e passione, cui
insegnare poi tutto ciò che serve.
Un
esempio meraviglioso di umanità e rispetto, contro ogni forma di
discriminazione e di assurda paura del "diverso".
La Giornata
Mondiale della consapevolezza dell’autismo (pubblicato in data 2
aprile 2016)
Oggi
ricorre la nona edizione della Giornata Mondiale della consapevolezza
dell’autismo, una giornata di sensibilizzazione voluta dall’Onu
con molte iniziative volte a promuovere la conoscenza di questa
disabilità. Per l'occasione, i monumenti di molte città italiane e
mondiali sono stati illuminati di blu.
Leggo
che in realtà si tratta di una delle malattie meno conosciute e meno
indagate. Secondo alcune stime in Italia le persone colpite sarebbero
circa mezzo milione, ma non vi è certezza di questi numeri, così
come non vi è consapevolezza delle cause e delle conseguenti terapie
da adottare. La maggior parte degli studi e delle ricerche parla di
autismo infantile, senza considerare che quei bambini poi cresceranno
e l'autismo, quel peso che si portano addosso, non scomparirà con il
raggiungimento della maggiore età. Arrivati a quel punto, piuttosto,
le difficoltà saranno ancora più grandi perché lo Stato (almeno
quello italiano) non è pronto a questo passaggio e la società
ancora non è preparata ad accoglierli.
Riguardo
all'atteggiamento della società, in un mio precedente post (Alla
ricerca di piccole gocce di umanità) avevo parlato della storia di
Andy, ragazzo inglese autistico, cameriere in un ristorante di
Manchester difeso dal suo datore di lavoro contro la stupidità e
l'ignoranza dei clienti.
Adesso,
comunque, vorrei parlare di un episodio che mi ha toccato molto
più da vicino. Un mio collega di lavoro aveva due figli, tra cui una
bambina autistica, alla quale si è dedicato con tutte le sue forze
per farla crescere con serenità, con le cure adatte e, soprattutto,
con immancabile affetto, dovendo supplire a quello della madre che ha
pensato bene di abbandonare tutti e andarsene. Purtroppo devo parlare
al passato, perché il mio collega se ne è andato quasi due anni fa
per un tumore al cervello. La bambina, ovviamente, non può essere
affidata ai nonni troppo anziani e adesso si trova in un Istituto.
Noi colleghi abbiamo cercato di star vicino alla famiglia anche
economicamente con piccole collette. Tuttavia, se la situazione è
quella descritta negli articoli che ho appena letto, mi viene una
grande tristezza nel pensare a cosa accadrà a quella bambina una
volta divenuta maggiorenne. Spero, quindi, che lo Stato intervenga
per risolvere situazioni simili a questa e per aiutare persone che
non possono essere lasciate da sole.
L’ignoranza e la
stupidità continuano a fare male (pubblicato in data 19 aprile 2017)
In
questo blog mi sono già occupato altre volte delle problematiche
legate all’autismo e sono consapevole di quanta ignoranza e
indifferenza vi sia attorno a questo tema: ragazzi discriminati sul
posto di lavoro, uno Stato assente per coloro che diventano
maggiorenni e vengono abbandonati assieme alle loro famiglie, idioti
che chiedono di indossare magliette che segnalino il problema.
Quindi,
il recente episodio della ragazzina autistica di 13 anni che ha
rinunciato al viaggio di istruzione a Mauthausen perché discriminata
dai compagni non dovrebbe stupirmi più di tanto.
Eppure,
fa male leggere le parole della sua mamma: “L’arrivo di nostra
figlia è stato un dono del Signore. Ma dirle che è stato tutto
facile no, non me la sento. È dura, è estenuante; è una battaglia
ogni giorno. Da piccola non parlava. Passava il tempo e non parlava.
Però con testardaggine ha fatto le elementari e adesso è in terza
media…. Mia figlia è negli scout. Con il gruppo sta via anche due,
tre giorni. Dorme con le altre in tenda. Si comporta da persona
normale... Normale... Lo vede che devo giustificarmi? Me l’hanno
processata e condannata da innocente… Ma davvero, non ce l’ho con
i compagni di classe. I messaggini li considero una ragazzata. Sono
gli adulti che mi hanno deluso e rattristato” (da un'intervista
pubblicata sul Corriere della Sera).
Ricordo
quando avevo dieci anni, ero un ragazzino timido e qualche compagno
in gita ebbe alcuni problemi a dormire con me perché “ero troppo
serio e portavo gli occhiali”. Poi, sono cresciuto, ho raggiunto da
solo i miei obiettivi, perché in realtà non avevo nessun problema e
le stupidaggini dei bambini viziati e cattivi sono scivolate via.
Altri
ragazzi che, invece, hanno problemi andrebbero aiutati, ma
l’indifferenza scava un abisso intorno a loro, abisso che molto
difficilmente potranno superare da soli, mentre le cattiverie altrui
sono ferite profonde che si porteranno dentro.
Il
Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha inviato ispettori
ministeriali a scuola a Legnano per chiedere chiarimenti. Un
atto doveroso questo, che riguarda il singolo caso, ma non basta a
risolvere il problema generale.
Lo
Stato dovrebbe fare molto di più con interventi che tutelino e
sostengano le famiglie di bambini autistici, adottando anche campagne
di sensibilizzazione sul tema. Tuttavia, queste opere di
sensibilizzazione non serviranno a nulla, se tutti noi che siamo
parte integrante di questa società continueremo a pensare che i
problemi sono sempre e solo degli altri.
Citando
Temple Grandin, "different, not less".
Su
Facebook negli ultimi giorni circola un messaggio su questo tema da
ricopiare come in una “catena di Sant’Antonio”, ma io ho
preferito non ricopiare nulla e scrivere qui ciò che penso davvero,
cercando di contribuire con una mia piccola goccia.
Discutibili
recensioni su Tripadvisor (pubblicato in data 26 luglio 2016)
Tripadvisor
è un famoso portale web in cui sono pubblicate le recensioni degli
utenti su hotel, ristoranti e altre attrazioni turistiche. Si tratta,
solitamente, di giudizi che, condivisibili o meno, aiutano le persone
ad orientarsi nella scelta della propria meta di viaggio.
Accade,
però, che una di queste recensioni finisca per sollevare parecchie
polemiche. Un padre, infatti, si è lamentato su Tripadvisor,
affermando che nel villaggio vacanze dove era appena stato con i
propri figli vi erano troppi ragazzi disabili, la cui vista aveva
turbato profondamente la serenità dei suoi bambini, costretti tutto
il giorno a guardare persone sofferenti. Questo signore sarebbe,
quindi, intenzionato a chiedere un risarcimento alla struttura
ricettiva, rea di non averlo avvisato della presenza di turisti
disabili.
Questa
recensione ha scatenato la reazione inviperita di Selvaggia Lucarelli
che nella sua pagina Facebook parla dell'imbecille di turno che "ha
intenzione di denunciare la struttura perché c’erano troppi
disabili. E poverini, i figli sono rimasti impressionati. Mica da un
padre così, no, da due carrozzine". Ovviamente, di fronte al
linguaggio colorito di Selvaggia (che rimane una delle più
interessanti teste pensanti nel Web), le risposte degli utenti sono
state, come sempre, contrastanti.
Mi
colpisce, in particolare, un commento secondo cui non vi è nessuna
legge che imponga ad un padre di insegnare ai propri figli a
convivere con la diversità e la disabilità. Sinceramente, trovo
questo commento sconcertante. Certamente, non vi è nessuna legge
scritta approvata da un Parlamento e pubblicata in Gazzetta
Ufficiale, ma, a mio avviso, esiste una legge morale, basata su
sentimenti di umanità ed empatia, secondo cui un genitore ha il
dovere di far capire ai propri figli che la diversità esiste e non è
un elemento negativo, ma deve essere rispettata e apprezzata. Anche
perché, in fondo, ognuno di noi è un diverso, possedendo
peculiarità che lo distinguono da tutti gli altri e lo rendono
speciale. Questo insegnamento è fondamentale anche per evitare che
alcuni bambini divengano vittime di atti di bullismo da parte di
soggetti convinti che la diversità implichi debolezza e inferiorità.
La
disabilità, a sua volta, non deve essere considerata una fonte
di sofferenze da cui proteggere i propri bambini, relegandoli in un
mondo inesistente: i bambini proprio con le sofferenze devono
imparare a convivere, per poter sviluppare quei sentimenti di
solidarietà ed empatia di cui, oggi, purtroppo si sente spesso la
mancanza.
In
proposito, molto toccante e significativa è la risposta di Jacopo
Melio, ventiquattrenne attivista per i diritti dei disabili, anche
lui costretto in una carrozzina: "Se mai un giorno avrò dei
figli vorrò insegnare loro che la vera disabilità è negli occhi di
chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità possiamo solo
imparare. Disabile è chi non è in grado di provare empatia
mettendosi nei panni degli altri, di mescolarsi affamato con altre
esistenze, di adottare punti di vista inediti per pura e semplice
curiosità".