La storia di Alfredo Mascheroni fa davvero rabbia per tanti motivi.
Qualcuno arriva di punto in bianco e, per uno stupido scherzo, per
idiozia, per cattiveria, decide di infangare la reputazione di questo
ragazzo diffondendo una falsa notizia e dicendo in giro (mediante la
condivisione di una sua foto su Facebook e su Whatsapp) che si tratta
di un pedofilo. La gente, come spesso accade, non si pone troppi
interrogativi, abbocca e continua a condividere la foto di Alfredo,
contribuendo a diffondere questa diffamazione.
Quindi, il gesto perfido ed estremamente stupido di un singolo si
diffonde senza misura attraverso la rete che ne amplifica la portata
passando attraverso tutti coloro che, come spesso accade, senza
alcuna prova e senza riflettere neanche un attimo, tendono a farsi
giustizia da soli, a ergersi a giudice, giuria e boia, insultando il
povero Alfredo, lanciando parole come fossero sassi e continuando a
diffondere tale falsità.
Alfredo gestisce un bar che, come si può vedere dalla foto, in
queste ore è stato colpito dai vandali che ancora continuano a
spargere infami bugie. Purtroppo dallo spazio virtuale i problemi si
sono spostati alla realtà materiale.
In tali occasioni, si è portati a inveire contro Internet e i
social, demonizzandoli e considerandoli causa di ogni male. Tuttavia,
occorre riflettere sul fatto che si tratta soltanto di strumenti che,
se ottimamente impiegati, possono essere estremamente utili,
agevolando la nostra vita, favorendo la diffusione di nozioni e testi
culturali, consentendoci di girare per il mondo senza muoverci dalla
nostra stanza.
Chiaramente, dietro tale realtà virtuale possono esserci persone
profondamente cattive, stupide o ignoranti, che sono comunque le
stesse che agiscono nella vita reale, fanno del male agli altri,
diffondono fandonie, insultano o adescano soggetti deboli e
facilmente influenzabili.
Se ci pensiamo, la diffamazione via social non è molto diversa dalle
false voci o dai pettegolezzi che venivano diffusi di bocca in bocca,
specialmente nei piccoli paesi, anche prima dell'avvento di Internet.
Forse, la differenza sta nella rapidità con cui si raggiunge
l'obiettivo, ma il loro effetto finale è identico: distruggere
l'immagine e la reputazione di una persona impedendogli di vivere
serenamente. In sintesi, non sono gli strumenti a creare i problemi,
ma le persone che compiono il male nella realtà, sia essa materiale
o virtuale.
Tramite la polizia e il blogger David Puente, Alfredo sta cercando di
risolvere l'assurda situazione in cui si è trovato. E la speranza è
che si arrivi presto a una soluzione.
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