"I social media danno diritto di parola a legioni di
imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino,
senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere,
mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È
l’invasione degli imbecilli" (Umberto Eco)
Umberto Eco, il famoso scrittore e semiologo scomparso da pochi mesi,
non era certamente una persona che le mandava a dire. Il suo pensiero
sui social media è, per certi aspetti, condivisibile, anche se non
va interpretato come "un'arrogante manifestazione di cultura
elitaria", come qualcuno ha detto.
In proposito, io sono convinto che ognuno di noi abbia il diritto di
esprimere la propria opinione, purché ciò avvenga con cognizione di
causa, ovvero parlando di argomenti noti, sui quali vi sia qualcosa
di sensato da dire e, soprattutto, con toni educati e pacati. E non
vi è nulla di male se i social media ci consentono di diffondere
tale opinione con immediatezza e rapidità.
I social possono essere molto utili anche per favorire la diffusione
di informazioni su argomenti di attualità e cultura. Infatti, molte
testate giornalistiche hanno una propria pagina Facebook che consente
di condividere i principali articoli del giorno. Numerose sono, poi,
le pagine dedicate ad argomenti di filosofia, letteratura, scienza.
Io stesso ho creato su Facebook un gruppo per condividere con gli
amici recensioni di libri, citazioni, articoli di letteratura, in una
sorta di "biblioteca virtuale".
La rete offre una marea di informazioni, per cui ciò che conta è
sapersi orientare, individuare fonti attendibili e scegliere ciò che
più si adatta alla nostra personalità, senza per questo rinunciare
ai libri di carta, ma magari trovando spunti per leggerne di nuovi.
Poi, però, arrivano gli imbecilli di cui parla Eco, che possono
tranquillamente essere suddivisi in varie categorie. Anzitutto, ci
sono i troll, che non sono solo gli abitanti demoniaci dei
boschi della tradizione scandinava, ma anche utenti spesso anonimi
che si inseriscono nell'ambito di discussioni on line con messaggi
provocatori e fuori contesto, al solo scopo di creare irritazione.
Quindi, ritroviamo i "leoni da tastiera",
generalmente non anonimi, che esprimono la propria opinione in
maniera offensiva, riempiendo di insulti chiunque non incontri il
loro gradimento. Leoni che, tuttavia, nella vita reale sono solo
pecorelle. Infine, vi sono i fake e tutti coloro che amano
diffondere bufale e false notizie, magari dietro profili taroccati.
La realtà virtuale è talmente vasta che non è possibile tenerla
sotto controllo, per cui è quasi impossibile non imbattersi in
informazioni poco attendibili o in utenti truffaldini. Ed Umberto Eco
aveva proprio questo in mente quando pronunciò quella frase.
Sappiamo, però, che i pericoli del Web vanno ben oltre una notizia
taroccata. Spesso alcuni utenti vi si affacciano ingenuamente
confidando nella buona fede altrui e si ritrovano invischiati in
situazioni sgradevoli e umilianti. La storia di Tiziana Cantone
dovrebbe insegnare qualcosa.
Non si tratta solo di video diffusi a propria insaputa. I malfattori
di Internet cercano di soggiogare i soggetti un po' più deboli,
inducendoli in una condizione di sudditanza psicologica. Mi capita
spesso, girando per la Community, di leggere di persone che si sono
ritrovate in balia di personaggi infami che li hanno costretti in una
specie di "schiavitù virtuale", che può essere molto
pericolosa, specialmente se l'obiettivo è estorcere denaro o
prestazioni sessuali.
Allora, occorre fare attenzione alle notizie poco attendibili, ma
anche ai soggetti poco affidabili.
(Inizialmente pubblicato su Libero Blog in data 9 ottobre 2016)
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