domenica 14 maggio 2017

Finalmente giustizia per Sara.

È trascorso quasi un anno dal brutale assassinio di Sara di Pietrantonio, quel terribile episodio che ha profondamente scosso l'opinione pubblica. Sara si era innamorata, aveva provato brividi e sentimenti tipici di una storia appena sbocciata. Poi, però, le cose erano andate diversamente. Lei aveva capito che i sentimenti possono finire e le storie avere un termine, ma il suo ex fidanzato Vincenzo non aveva alcuna intenzione di farsene una ragione. Pensava che lei fosse di sua proprietà e che nessuno avrebbe mai potuto prendere il suo posto o avvicinarla. E così, una terribile sera di giugno, Sara è stata uccisa e il suo corpo è stato dato alle fiamme. Una morte crudele procurata da un essere privo di coscienza.
Della morte di Sara avevo parlato l'anno scorso, soffermandomi sull'indifferenza di coloro che quella sera non si erano fermati ad aiutarla e sui problemi di una società che spesso non riesce a provare empatia per il prossimo. Tuttavia, adesso il tema è un altro.
L'assassino di Sara è stato condannato all'ergastolo e, salvo successivi sconti, pagherà la giusta pena per ciò che ha commesso. Molte persone, a tale annuncio, hanno reclamato l'introduzione della pena di morte per un reato del genere, ma io non sono assolutamente d'accordo. E non lo dico semplicemente per un motivo religioso, pur essendo convinto che nessuno abbia il diritto di provocare la morte di un altro, qualunque cosa abbia fatto, salvo rari casi. Sono contrario alla pena di morte perché credo che la detenzione in carcere debba servire al condannato a ripensare spesso a ciò che ha commesso, al dolore che ha provocato ai familiari della propria vittima, alla crudeltà con cui ha annientato una vita.


Sono pienamente d'accordo, poi, con coloro che affermano che il carcere non debba in generale avere una funzione meramente punitiva, quasi fosse una vendetta o una rivalsa della società nei confronti del condannato, considerato che, come recita l'articolo 27 della nostra Costituzione, le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Una rieducazione necessaria ai fini della futura reintroduzione dei carcerati nella società.
Mi chiedo, comunque, se il carcere potrà riuscire davvero a svolgere questa funzione rieducativa nei confronti di Vincenzo. Di fronte a un ragazzo che ha agito con tanta crudeltà e che non ha mostrato alcun segno di pentimento, mi riesce davvero difficile pensare ad un suo futuro reinserimento nella società. Di certo, dovrà ripensare al male compiuto, anche se questo non consentirà ai genitori di Sara di riavere indietro la loro ragazza.

Qui sotto l'estratto del precedente post inizialmente pubblicato nel blog "Un faro nella nebbia" e sopra citato

La vera indifferenza (pubblicato in data 8 giugno 2016)

In questi giorni, il terribile omicidio di Sara ha notevolmente scosso l'opinione pubblica che ormai si esprime quasi principalmente attraverso i social. La mia impressione, condivisa anche da altri utenti, è che le principali invettive questa volta siano state indirizzate, almeno in una prima fase, alle auto che quella maledetta sera sfrecciavano veloci, indifferenti alle richieste di aiuto della ragazza.
Io mi auguro, invece, che non si dimentichi mai, anche se sono trascorsi alcuni giorni e la coscienza popolare sembra essersi tranquillizzata, che la povera Sara è stata l'ennesima vittima di quella terrificante "cultura" della violenza e del maschilismo di coloro che credono di poter disporre degli altri come fossero oggetti.
Addossare gran parte della responsabilità ai passanti, che non si sono fermati per paura o incapacità di realizzare cosa stesse realmente accadendo, significa distogliere l'attenzione dal vero problema della inarrestabile violenza contro le donne e, più in generale, contro tutti coloro che non sono in grado di difendersi. Persone come Sara andrebbero aiutate prima di ritrovarsi sul ciglio di una strada a fuggire da un maniaco incendiario o in preda ad un compagno folle che fa bere loro soda caustica per farle abortire, come accaduto in provincia di Bologna.


Io credo, poi, che la vera indifferenza più che tra quei passanti, debba essere ricercata altrove, assieme ai motivi da cui questa indifferenza trae origine.
Non condivido l'affermazione secondo cui è la società che ci ha resi ciechi e indifferenti, perché si tratta di una banalità sconcertante: siamo noi a creare la nostra società e possiamo migliorarla grazie al contributo collettivo, considerato che le istituzioni sociali non sono una mera entità esterna che ci viene imposta dall'alto. Affermare che la colpa è tutta della società significa semplicemente tentare di lavarsi la coscienza.
La vera indifferenza sta nella incapacità di ciascuno di noi di capire se le persone che ci sono vicine ogni giorno hanno realmente bisogno di aiuto. Questo non vuol dire necessariamente dar loro un po' di denaro, perché a volte è sufficiente una parola di sostegno o di conforto. Non significa nemmeno diventare eroi - come diceva Manzoni, se uno il coraggio non ce l'ha non se lo può dare – anche se certamente acquisire quella consapevolezza che ci porta a chiamare le forze dell'ordine ogni volta che avvistiamo una situazione di pericolo potrebbe essere già un bel traguardo.
Quando il Papa ha parlato di indifferenza, molti si sono concentrati su alcune sue parole, ritenendo che stesse invitando i fedeli a non amare gli animali, mentre il suo vero obiettivo era far comprendere che spesso siamo talmente presi dalle nostre vite che ci dimentichiamo di chi ci sta vicino.
Un episodio di alcune settimane fa, cui i notiziari hanno dato solo un breve cenno, è un esempio drammatico della vera indifferenza. Un uomo è stato ritrovato in casa morto da almeno cinque anni. Nel frattempo, nessuno si era accorto di nulla, né si era chiesto cosa fosse accaduto a quell'uomo che non si faceva vedere da anni. I vicini non hanno mai pensato di andare a bussare a quella porta per chiedere se ci fosse bisogno di aiuto. Una perdita d'acqua e il successivo intervento dei vigili del fuoco hanno rivelato quella situazione di estrema solitudine e abbandono.
Credo che questo non sia un caso isolato, chissà quanti episodi simili, seppure non così estremi, si verificano quotidianamente. Ma difficilmente potremmo saperlo con certezza, perché questi episodi generalmente non fanno notizia, se non poche righe nei giornali locali, e non finiscono in pasto agli pseudo moralisti da salotto che dalle loro comode posizioni non fanno altro che condannare la società senza poi compiere alcuna azione concreta per cambiarla.
Questa frase di Einstein dice più di tanti discorsi.



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