Il Festival di Sanremo, la manifestazione canora più longeva
d'Italia, sta per avere inizio, accompagnata come sempre da
strascichi infiniti di polemiche. Anzi, quest'anno in fatto di
polemiche si stanno battendo tutti i record.
In particolare, a destare scandalo è il compenso che Carlo Conti
percepirà per condurre il Festival per il terzo anno consecutivo.
Ovviamente, sono pienamente d'accordo sul fatto che 650.000 euro (non
solo per condurre le cinque serate, ma anche per tutta l'attività di
direzione artistica, occorre precisarlo) rappresentano una cifra che
probabilmente un operaio non riuscirebbe a guadagnare nemmeno
lavorando tutta una vita. Purtroppo, comunque, le profonde
disuguaglianze di reddito sono un fenomeno diffuso in tutti i
settori, che non scopriamo soltanto alla vigilia di una rassegna
canora. E, a dire il vero, alcuni conduttori in passato hanno
percepito compensi molto più alti a fronte di un'attività meno
impegnativa senza tutte queste polemiche.
Tuttavia, in queste occasioni, ciò che mi fa innervosire davvero
molto è l'indignazione sterile e senza alcuna logica, strillata ai
quattro venti e finalizzata soltanto a demolire senza portare
vantaggio ad alcuno. Soprattutto, quando chi solleva tale
indignazione cerca soltanto di strumentalizzare la sensibilità
popolare per acquisire visibilità (la famosa demagogia).
Di fronte alla notizia del ricco cachet e alle relative polemiche,
quale brillante idea hanno avuto i sobillatori di popoli che
imperversano sui social? Creiamo una catena e convinciamo tutti che
bisogna boicottare il Festival e spegnere la televisione. Anzi,
bisognerebbe proprio annullarlo e dare i soldi ai terremotati!
Peccato che la geniale idea non prenda in considerazione alcuni
fattori.
Il boicottaggio ha un senso quando, ad esempio, è rivolto ad aziende
che danneggiano l'ambiente, utilizzano manodopera in nero, per
evitare che si svolgano attività illegali.
Ma nel caso in esame, il boicottaggio che vantaggi porta? Se davvero
si riuscisse a boicottare il Festival, ottenendo per assurdo il suo
annullamento, tutti i proventi pubblicitari derivanti dalla
manifestazione, erogati dagli sponsor, che in genere coprono le spese
(incluso il cachet di Conti), sparirebbero in un soffio. Senza il
Festival e senza i relativi proventi non c'è niente per nessuno, né
per Conti, né tantomeno per i terremotati.
Ci sono certamente stati alcuni Festival che negli ultimi anni,
specialmente per i bassi ascolti, hanno chiuso in perdita. Tuttavia,
le ultime due edizioni hanno ottenuto guadagni per circa 6 milioni di
euro, secondo gli ultimi dati diffusi dalla direzione di Rai1, e di
questo bisogna dare atto al lavoro di Carlo Conti.
Dunque, il tanto ventilato annullamento o boicottaggio del Festival
danneggia l'azienda, senza portare vantaggi a nessuno. Anzi, occorre
considerare che l'appuntamento annuale attira numerosi turisti, per
cui il mancato Festival recherebbe danni a tutte le attività della
zona sanremese.
Che Sanremo sia un gran carrozzone, a volte noioso, che punta più
sui grandi effetti speciali che sulla vera musica, è un altro
discorso. E ognuno è libero di usare il telecomando a proprio
piacimento e cambiare canale. Ma far leva sulla coscienza e sulla
indignazione popolare con inutili e illogiche catene è solo una
mancanza di rispetto verso i terremotati, che avrebbero bisogno,
piuttosto, di aiuti concreti e non di un vano ciarlare.
Nessun commento:
Posta un commento