venerdì 26 gennaio 2018

Focus di attualità – La razza e i suoi significati

Il 27 gennaio è il giorno in cui nel 1945 le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Il giorno in cui venne svelato al mondo, tramite le testimonianze dei sopravvissuti, un orrore che mai si sarebbe potuto compiutamente immaginare, pur nel disastro di due guerre consecutive. E tale data rimane, quale Giornata della Memoria, a ricordare perpetuamente fino a che punto la malvagia e folle mente umana possa spingersi nell'annientare i propri simili.
Questo è un periodo in cui l'intolleranza fascista sempre più insistentemente sembra voler tornare a farsi sentire. E persino colui che vorrebbe candidarsi alla guida di una Repubblica antifascista e dovrebbe giurare di osservarne lealmente la Costituzione, si permette di dire che "il fascismo ha fatto cose buone". "Cose buone", un termine che in tanti continuano a ripetere, un'espressione che ha il sapore di una terribile mistificazione, un intollerabile mezzo per giustificare le azioni di un dittatore assetato di potere che ha contribuito all'eccidio di milioni di persone.


Tale recente triste realtà è stata fortunatamente illuminata da una saggia decisione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che da poco ha nominato senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta all'Olocausto e attivamente impegnata nel diffondere la testimonianza di quegli orrori.
Un'attività sicuramente ancora importante, considerato quanto si fatica a superare una certa mentalità pregna di intolleranza. Infatti, in questo periodo un episodio in particolare ha riportato alla luce talune riflessioni sul significato di "razza": il candidato alla Presidenza della Regione Lombardia, in merito alla questione della regolazione dei flussi immigratori, ha parlato di rischio di sopravvivenza della "razza bianca", utilizzando un termine che molti credevano superato. Lo stesso candidato ha affermato che in fondo anche nella Costituzione, all'articolo 3, si parla di "razza" e che quel termine in un certo senso lo ha aiutato nei sondaggi elettorali. L'ottusità di certe persone può apparire sconvolgente, ma sappiamo che si tratta di un male comune che arriva da lontano.
L'idea che la specie umana potesse essere divisa in razze, intese come raggruppamenti caratterizzati da tratti fisici comuni e comportamenti ben definiti, nacque nel periodo postcoloniale per ragioni prettamente politiche. Vi era alla base di tale concezione l'ipotesi secondo cui le evidenti differenze fisiche tra i gruppi umani che popolavano le varie aree del pianeta, che erano frutto di adattamenti all'ambiente, implicassero anche profonde differenze psicologiche e comportamentali. Seguendo tale ipotesi si riteneva possibile operare distinzioni e classificazioni delle diverse popolazioni mondiali.
In quel periodo l'Occidente aveva iniziato a invadere ogni angolo del mondo seguendo la propria sete di dominio. Mentre gli antropologi cercavano di formulare una catalogazione delle presunte razze senza rinvenire alcuna evidenza scientifica, l'idea di "razza" fu sufficiente a dare avvio alla deportazione delle popolazioni africane negli Stati Uniti per ridurle in schiavitù, in conseguenza della loro presunta appartenenza a una razza ritenuta intellettualmente inferiore. Tali stereotipi continuarono a rafforzarsi fino a condurre alle leggi che vietavano i matrimoni misti. E l'atteggiamento di Hitler verso gli ebrei non fu certo dettato da criteri diversi.


Successivi studi dimostrarono come l'antropometria (la catalogazione delle misure e delle proporzioni del corpo al fine di definire le razze mediante un insieme preciso di numeri e statistiche) fosse totalmente priva di fondamento. In particolare, gli studiosi scoprirono che tra una generazione e l'altra vi erano numerose differenze, per cui i parametri, sulla cui base si pretendeva di catalogare le razze, si modificavano di valore con il trascorrere delle generazioni. Gli studi sul DNA hanno mostrato come le differenze tra essere umani in termini genetici siano assai minime e che ciascun gruppo in cui si pretendeva di suddividere la popolazione mondiale manteneva in sé la gran parte della variabilità genetica.
La suddivisione in razze è dunque priva di ogni fondamento scientifico e le differenze genetiche non hanno alcun collegamento con l'aspetto fisico che dipende soltanto da adattamenti alle condizioni ambientali.
A proposito della Costituzione, anche l'Istituto Italiano di Antropologia, tempo fa, ha sottolineato il fatto che l'articolo 3 della Carta fa riferimento al termine "razza", ritenendo debba essere modificato in quanto scientificamente improprio, per essere sostituito con altre espressioni (aspetto fisico, colore della pelle, tradizioni culturali).
Ma è davvero necessario adottare altre espressioni in Costituzione? Io credo di no e ritengo che non ci si debba nemmeno sforzare nell'interpretare quel termine attribuendo ad esso un significato diverso da quello che l'ottusità umana ha elaborato nel corso dei secoli. La parola "razza" è stata scritta in quella precisa accezione di cui parlavo sopra e non perché i Padri Costituenti fossero realmente convinti che la medesima avesse un qualche fondamento. Il termine è lì per ricordare l'orrore di chi, nella convinzione che una razza, quella ariana in particolare, fosse superiore alle altre, ha ritenuto di poter decidere della vita e della morte di altri esseri viventi condannandoli a una straziante sequenza di dolore. E i nostri Padri Costituenti, sancendo il principio generale per cui non vi deve essere alcuna distinzione di razza, hanno inteso contrastare qualsiasi discriminazione basata sulla suddivisione del genere umano in ipotetiche categorie di "inferiori" e "superiori". Perché se la l'idea di razza è stata ripudiata dal mondo scientifico, ancora persiste nella mentalità di molte persone.



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