Fiducia è un termine di cui ultimamente si sta parlando molto. Si
continua ad asserire che il popolo ha ormai perso fiducia nei suoi
rappresentanti politici e, per questo, è sempre più preda del
potere demagogico. Nel frattempo, il Governo continua imperterrito a
chiedere fiducia su qualsiasi provvedimento abbia in mano, da ultimo
sulla legge elettorale. Si parla di assalti alla democrazia, di
Governi non eletti, tanti slogan buttati qua e là e sui quali ogni
tanto bisognerebbe fare qualche approfondimento, anche solo per
chiarirsi le idee.
Partiamo da alcune certezze. Il Parlamento è l’unico organo
costituzionale eletto dal popolo ed è, quindi, espressione della
volontà collettiva. Secondo la Costituzione (art. 67), rappresenta
la Nazione ed esercita le sue funzioni senza alcun vincolo di
mandato. Il suo compito essenziale è svolgere la funzione
legislativa.
Anche il Governo, organo costituzionale non eletto dal popolo, ma
nominato dal Presidente della Repubblica secondo determinate
procedure, esercita, oltre al potere esecutivo, anche la funzione
legislativa entro determinati limiti. Infatti, può:
- emanare decreti legge, ovvero provvedimenti necessitati e urgenti che devono essere convertiti in legge entro i successivi sessanta giorni;
- emanare decreti legislativi in attuazione dei principi e criteri direttivi sanciti dal Parlamento con apposite leggi delega;
- presentare disegni di legge di propria iniziativa alle Camere.
A proposito della famigerata fiducia, è la legge n. 400 del 1988,
che disciplina l’attività di Governo, a prevedere tale strumento:
il Consiglio dei ministri esprime l'assenso alla iniziativa del
Presidente del Consiglio dei ministri di porre la questione di
fiducia dinanzi alle Camere e delibera sulle questioni su cui il
Governo chiede la fiducia del Parlamento. È evidente che la fiducia
dovrebbe essere posta essenzialmente su questioni attinenti il
programma di Governo.
L’attività legislativa del Parlamento può subire accelerazioni,
mediante procedimenti abbreviati e l’approvazione diretta dei
disegni di legge da parte di Commissioni permanenti (art. 72). Tali
procedure abbreviate non sono, però, ammissibili in alcune materie,
tra cui i disegni di legge in materia costituzionale, elettorale, di
delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi. Secondo la
legge n. 400 del 1988 (art. 15) in tali materie non è, ovviamente,
consentito al Governo di provvedere tramite decreti legge.
Dunque, un attento esame della normativa costituzionale e ordinaria
ben consente di chiarire che la materia elettorale, data la sua
particolare delicatezza e il suo orizzonte temporale che va oltre
quello dell'attività di un Esecutivo, non può formare oggetto di
procedimenti abbreviati che possano rischiare di compromettere il
dibattito parlamentare, né può essere attratta nella sfera di
competenza governativa tramite decreti necessitati e urgenti. In
poche parole, la legge elettorale, che disciplina i meccanismi di
espressione della volontà popolare, non può che essere frutto di un
adeguato dibattito di un Parlamento che di quella volontà popolare è
il risultato.
Il ricorso alla fiducia, pur se giustificato dall’esigenza di
superare situazioni di stallo o di ostruzionismo, non può
considerarsi, almeno a mio avviso, corretto e coerente con il quadro
sopra delineato, per cui coloro che in queste ore stanno portando
avanti le proprie lamentele non hanno, poi, tutti i torti da un punto
di vista strettamente procedurale.
Eppure, mi verrebbe da chiedere loro perché in tutto questo tempo il
Parlamento non è riuscito a esprimere una propria volontà su tale
argomento con le ordinarie procedure. Se un organo legislativo nel
suo complesso non è in grado di produrre un risultato su un tema
tanto importante, forse ciascun componente dovrebbe iniziare a fare
un serio esame di coscienza sulla propria capacità di rappresentare
la volontà popolare. Ma forse qui chiediamo troppo.
Esame di coscienza... quale coscienza? Quale volontà?
RispondiEliminaAppunto Marco ... chiediamo troppo
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